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13:06
by emi.
Forse non tutti sanno che…YS dei napoletani Balletto di Bronzo (Polydor, 1972) è l’album prog italiano preferito da Jello Biafra, come si può leggere nell’intervista sul primo numero dell’ormai da anni defunto mensile Dynamo. Un acquisto dovuto, quindi, favorito anche dal prezzo a 5 euro e dal valore storico dell’opera: se non piace, e le possibilità sono molte, dato il mio scarso feeling col genere, è pur sempre una testimonianza di un momento particolarmente fertile della musica pop italiana. Ma YS piace e illumina.
Piace per la ruvidezza dei suoni e per l’essenzialità della struttura dei brani, orientati più al free rock che non a prolisse orchestrazioni pseudosinfoniche, armoniose e coerenti pur nel continuo mutare di atmosfera e velocità. Così nei cinque episodi dell’album (a cui si aggiunge, in questa ristampa, la posteriore "La tua casa comoda”), si rincorrono melodie arabeggianti filtrate dal moog, batterie in controtempo e cantati straniati da cui andranno a lezione i Panico di Scimmie, tastiere onnipresenti senza mai essere troppo invadenti, cavalcate di chitarra protometal.
Illumina, specie se accostato ad altri dischi del periodo (penso all’esordio degli Area, di un anno successivo), sulla natura del progressive, almeno di quello degli inizi: non genere codificato ma campo per sperimentazioni di segno diverso, dall’hard, al jazz, all’etnico, fino ai confini della musica classica, che poi ha costituito, infelicemente, il filone più seguito e conosciuto del genere.
Unico mistero che non mi svela, ma era davvero troppo chiederlo a un album, è come allora, in Italia, una musica così complessa e difficile potesse essere considerata pop. Certamente era pop, nel senso più profondo del termine, la riscoperta di suoni mediterranei (quindi popolari) che molti gruppi operarono, inserendoli poi nel contesto della musica leggera; ma se si intende “pop” come musica diretta al grande pubblico (e da esso accettata), come accade quando si associa il termine al progressive italiano, beh, come fosse possibile ancora non me lo spiego.
L’immagine più sublime di questi ultimi giorni: la curva della Juve in silenzio, ferma, scura quasi come non fosse illuminata, al termine di Brescia-Juve 2-0.