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13:56
by emi.
Una delle cose che trovo particolarmente piacevoli, quando posso, è riprendere in mano vecchi giornali (Blast!, Rumore e Dynamo, per lo più) per scoprire articoli che avevo trascurato avendo al tempo gusti e interessi diversi; un passatempo che dà spesso risultati interessanti, insieme a qualche piccolo rimpianto (concerti mancati, edizioni speciali ormai esaurite,…). Allo stesso modo, ogni tanto, metto le mani nella scatola in cui tengo i dischi destinati a un’eternamente rinviata lista dell’usato, con esiti assai meno gratificanti, il più delle volte: non ho rimpianti infatti verso l’infinita schiera di cloni dischargiani e indistinti gruppi anarcopunk, così come non ne ho, per dirne uno, verso Swing Kids/Spanakorzo 10”.
Il più delle volte, dicevo. Di recente l’incursione ha infatti portato al salvataggio di un CD degli atipici newyorkesi Into Another intitolato Seemless (Hollywood Records, 1995, ma la versione vinile è su Revelation), che ricordo aver preso di seconda mano almeno cinque anni orsono; doveva essermi sembrato troppo “leggero” allora e troppo poco emo-intimista un paio di anni dopo. Cestinato quindi. Ed errore grossolano, a livello di un Marco Pacione in Juve – Barcellona dell’86. Perché il disco è un capolavoro che distilla il meglio della musica bianca anni ’70, facendo convivere la ritmica serrata dei Black Sabbath più spaziali, il chitarrismo dei Led Zeppelin meno compiaciuti, e certo glam alla T. Rex, con un notevole gusto pop contemporaneo, mandando a casa in un colpo solo buona parte del panorama grunge. E a impreziosire il lavoro strumentale, opera di musicisti di comprovata fede metallara (il bassista suonava nei Whiplash), la voce Richie Birkenhead, mai sopra le righe ma a suo agio nei momenti più rilassati (Seemless, May I) come in quelli più movimentati (Locksmiths & Lawyers); un fuoriclasse. Cercateli se non altro per la loro unicità, certamente non in linea con le tendenze attuali (d’altronde non credo lo fosse neppure nel ’95) ma neppure dei banali revivalisti.
In chiusura, tornando al discorso fatto all’inizio, ho ritrovato su Blast! un’intervista ai nostri (nello speciale sulle nuove band newyorkesi; ne è passato di tempo…), a cui al tempo non detti evidentemente troppo peso, e fu un peccato, avrei almeno scoperto il gruppo mentre era ancora in vita (si sono sciolti dopo aver licenziato quest’album e non ho notizie sulle attuali occupazioni dei membri). Ma vista l’apertura mentale che esprimevano nell’intervista, e visto il ventenne che ero, è chiaro come i tempi non fossero maturi. Inutile ogni rimpianto, dunque.